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Medici fumatori:la risposta del Prof. Veronesi


Umberto Veronesi risponde al prof. Renato Cimino, Direttore Scientifico della rivista"Obiettivo Vita", in merito al problema dei medici fumatori.
Pubblichiamo la lettera e la risposta.



" Ho letto di recente un'intervista rilasciata da un prestigioso Collega, noto per la professionalità e l'impegno nel sociale, dichiarare di essere fumatore, pur avendo tentato, in vari modi, di liberarsi da tale dipendenza.
Nella mia lunga pratica universitaria e ospedaliera ho conosciuto molti medici fumatori, alcuni dei quali specialisti in malattie vascolari e oncologiche.
Sono convinto che oggi un medico che voglia essere veramente credibile agli occhi dei suoi pazienti, informati tra l'altro dai media su tutte le conseguenze negative del fumo, non può continuare ad accendere le sue sigarette , talvolta anche negli ambulatori o nelle corsie ospedaliere.
Le conoscenze mediche si sono, negli ultimi decenni, notevolmente allargate,evidenziando anche la riduzione, statisticamente accertata, della aspettativa di vita deteminata da alcuni sicuri fattori di rischio, tra i quali il fumo, particolarmente.
I medici che hanno in cura la salute dei cittadini hanno, perciò, il dovere civico di dare il buon esempio smettendo di fumare.
Sono ben note le difficoltà di liberarsi da questa dipendenza ma è pur dimostrato che ciò non è impossibile con i supporti farmacologici e psicologici attualmente disponibili, purchè affiancati da una ferrea volontà."
Renato Cimino



"Caro amico, sono pienamente d'accordo con lei, il fumo è il problema sanitario più urgente in Europa e i medici hanno una responsabilità primaria nel suo controllo.
non è pensabile che le campagne antifumo funzionino su un cittadino che vede abitualmente il suo medico con la sigaretta.
Per questo fin dal suo nascere l'Istituto Europeo di Oncologia è un ospedale senza fumo. L'ha bandito dalle sue mura e ha avviato un programma per ridurre il numero dei fumatori fra tutti i sanitari italiani.
Ha creato un'associazione scientifica, "Sanità senza fumo", con corsi destinati a operatori sanitari per allargare a tutti gli ospedali la buona abitudine a non fumare e si impegna perchè i medici italiani seguano l'esempio della Norvegia, dove la percentuale dei fumatori è passata dall'80% nei primi anni cinquanta al 15% alla fine degli anni Novanta..
Nel nostro paese invece fuma il 25.3%dei medici, una percentuale fra le più alte in Europa e ancora troppo vicina (anche se di poco inferiore) a quella dela popolazione generale. E questo proprio mentre la medicina si evolve verso la prevenzione primaria, si approfondiscono le conoscenze sui fattori di rischio e assistiamo alla drammatica crescente evidenza dei danni cardiovascolari, respiratori e oncologici del fumo, attivo e passivo. Purtroppo la stragrande maggioranza dei nostri medici non ha ancora imparato ad occuparsi e preoccuparsi del problema fumo, e non viene posta alcuna pressione dal medici sul paziente fumatore.
Deve invece crescere il nostro impegno di medici nel quotidiano: non deve sembrarci né scontato né banale proporre con forza un modello di salute senza fumo.
Per questo motivo anche lo specialista non può delegare mai la "valorizzazione" agli occhi del suo paziente dell'importanza fondamentale del non fumare"
Umberto Veronesi
30/01/2007

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